martedì 14 ottobre 2014

GATE



No grip. Just flow. Up to the end. To came back to the start.
If there wasn’t grip in that world I would have been there.
If the water wasn’t salty I would never been alone.
Give me your grip, take my hand, I m falling down toward the stability.
Slightly I am going to stop. Slightly I am going to die.
If I only could listen the nature I would never drunk alone.
My hand slightly touches the water of a river. I feel the vibration, you feel the grip. They called love.
I don’t want to stop, the world will spin again, the moon will pass again over our heads.
The last breath will be yours. I will never stop, even if there is the grip. Even if you are calling it love.

I will run until my tears will be yours.

Scarlett


Hot, closeness.

Windows close, the water of air-conditioning paints the street with lazy stripes.

You look distant, I follow you.

The blacktop is blending under my feet, step by step I came back to the starting point.

I raise my eyes, you laugh, you already knew. Here there are no starts.

I am asking me if is possible to live without sky, the moon dies behind a skyscraper.

Far away an odor wakes up my mind, while the river is cleaning our bodies.

Empty bottles of our memories became the stage of a party. The smoke is scratching my eyes.

I try to breath, but I hear just noise.

Trees, instead, are living, happy and suffering to give us shadows. They silent are waiting our end.

You asked where we were going ?


I hope nowhere.

lunedì 16 dicembre 2013

Don't leave me dry

While you are reading listen to this song: Riven- Wireless

I would like to cry, to see my face die.


Count your drops baby.Give me one, please. I have lost mine.Show me my way.
 It seems so easy now that there is no-one here.The wind is moving my hands. 
A three is singing for you.Take my hand and bring me down. 
My brain is freezing on your eyes.


I saw the sun among your smile; I heard my breath among your arms.Let me free, I am cooling down.Don’t leave me die, my heart is still pumping, there is no end in the sea.


There is no end in your mind.Give me your drop, baby. I am going to live again

sabato 10 agosto 2013

The Marriage of Heaven and Hell

"Se c'è una cosa che odio sono gli ospedali" disse il vecchio mentre guardava davanti.
"Li odio veramente, perchè si sentono importanti, con tutte quelle mura bianche e quell'odore che fa finta di non saper di niente."
Le rughe  si rilassavano a guardare l'oceano mentre il sole delle ultime ore dolcemente le baciava.
"Enormi edifici dove si racchiudono sogni e speranze, dove il cartellino del lavoro si mischia con quello della camera mortuaria.
Sono come enormi linee rosse, dove ci si aggrappa con tutte le forze, dove si prega un Dio che non si conosce, sono il limite tra la gioia e il dolore, sono la prova della nostra irreversibilità".
Il vecchio, blaterava a bassa voce, mentre il cane alla sua destra lo ascoltava, pazientemente come al solito.
La mano tremante, reggeva un malconcia sigaretta fumata dal vento, grossi respiri per quei polmoni ormai doloranti, mentre la brezza dell'oceano gli dava la forza di un'altro respiro.
Come sempre, aspettando la giusta onda, godiamo di quello che ci aspettiamo.
"I cimiteri, quelli Si che sono belli. Con quell'erba sempre fresca, i cipressi che trafiggono il cielo, le lapidi che riflettono il sole e quell'odore di libertà da portartelo dentro per sempre". Il vecchio cosi continuava a blaterare, mentre ora il fido cane cercava qualche cosa da mangiare su quella spiaggia d'inverno.
Come sempre, cercando quello che ci spetta, godiamo di quello che troviamo.
Il mozzicone si infila nella bianca sabbia come un spada nel fianco dell'avversario, senza lasciar scampo all'ossigeno, muore.
"Nei cimiteri, non c'è più speranza, non si prega per un miracolo, non si chiede il cambiamento lo si accetta, ci si accorge della nostra piccollezza. Quel silenzio che si trova lì, non lo si trova da nessuna parte, è il silenzio della fine."
Lentamente si alza, facendosi forza sul bastone, mentre ancora brontola al vento.
"Cazzoni credenti, ancora a pensare al ciclo della vita e alla nostra salvezza. Quando capiranno che siamo irreversibili e fuori moda, andrò a portargli dei pasticcini alla messa della domenica."
Come sempre ci aggrappiamo al nostro pensiero, nella speranza di fermare il tempo, godendo di quello che è stato.
Poi un fischio, tra due denti neri, il cane al suo fianco, la schiena all'oceano, il sole in faccia, le onde lo salutano, i piedi che strusciano lenti sulla sabbia. Un ultimo sospiro:
"Mi piacerebbe che venissi al mio funerale" disse rivolgendosi al cane, " sono sicuro che ti piacerebbe moltissimo".




mercoledì 20 marzo 2013

The Next One

                                                                             

The Next One


La monotonia e la noia non sono altro che la somma delle nostri passioni.

Tutto diviene monotono e noioso dopo la prima volta, eppure tra la prima e la seconda volta, c'è un infinito di possibilità, un nero infinito di mezzi sorrisi e sospiri accennati.

Noi viviamo li, esattamente li, tra la prima e la seconda volta, dove non ci sono dita per contare, dove la mente non arriva, dove si ferma il primo passo.
Eppure è cosi sottile quella differenza, eppure è solo un uno in più che rende tutto ciò che prima era nuovo e fresco, lento e scontato.
Eppure è solo una volta in più, e non sarà certo quella volta in più a cambiare il mondo e non sarà certo quella volta in più a renderti vivo.
Eppure è tutta li la differenza che ci separa ora, eppure è tutta li la differenza che ci uccide giorno dopo giorno, eppure è solo un numero.
Allora ho imparato a contare per sapere quante volte si potesse fare quella prima volta, 
ho sognato di ricoprire il cielo con un enorme pezzo di carta e scriverci il numero più grande che un uomo possa scrivere solo per vedere quante volte quella maledetta prima volta si ripetesse nel cielo...per contarla e contarla, giorno dopo giorno, per non scondarmi che siamo solo la somma di infinite coincidenze, per non dimenticare che viviamo esattamente li, nel mezzo di due numeri interi.
Cosi rimaniamo, in mezzo, senza muoverci, respirando piano, pensando che la prima sia andata e  non torna più e che la seconda quando arriverà sarà già morta.


Sorridi tu, che non sai contare, perchè hai il dono di vedere solo la prima volta e mai per te giungerà la seconda.

domenica 16 dicembre 2012

"Uguale"

Tu vendevi fazzoletti al semaforo e  mi sorridevi.

Cominciamo a correre oggi, senza prendere il respiro, lasciamoci cadere in una valle, l'erba sotto i nostri piedi, il sole sulle nostre guancie, smettendo di guardare avanti, per una volta guardiamo il cielo sotto i nostri piedi.
Avevamo una tavola sotto la spalla, una canzone fresca in testa, e l'alcool nella testa, le onde erano belle come pornostar e la schiuma sembrava panna.
Ora Viviamo.
Poi c'era la spiaggia, c'era il fuoco e quel ragazzo dal sorriso gentile con la chitarra, sciame di parole che volavano, non ci importava di inquinare l'aria con i nostri pensieri, non ci importava e basta. L'abbiamo fatto fino a quando il sole non ci ha staccato gli occhi e seccato la pelle.

E tu vendevi i fazzoletti al semaforo e mi sorridevi.

Siamo chiusi dentro un equazione che non ammette soluzioni.

domenica 12 agosto 2012

Bullet time!

Grecia. Creta. Agosto 2012

Salivamo per una salita stretta, il buio ci avvolgeva  aumentando le nostre aspettative, la luna si alza lenta da dietro una montagna cancellando ad una ad una le stelle che facevano da cornice a quella calda notte.
Eravamo nel nord, la macchina saliva, sputando benzina ad ogni tornante, la fioca gialla luce del serbatoio ci ricordava che stavamo per rimanere a piedi, ma neanche un distributore in quel posto scordato dagli dei. 
Poi come un miraggio, dopo una curva, vediamo un piccolo distributore, costruito sicuramente prima della guerra, talmente vecchio che ti aspetti che invece della benzina ti dia due manciate di carbone. Il vecchio proprietario ci da le spalle mentre lentamente gira il cartello per mettere fine all'attività del giorno, porca troia, la macchina sgomma, l'ultimo goccio di benzina se ne va mentre sbiascicando qualcosa in inglese riusciamo a scampare il pericolo.
Una fila di macchine parcheggiate male, preannuncia l'arrivo nel piccolo paese sulle montagne, qualche luce si staglia tra gli alberi a illuminar i cerchioni cromati e le marmitte modificate di tutte quelle macchine, quasi a chiedersi se non siamo finiti sullo scenografia di qualche film americano.
Era bianca come una perla, ricolma di gente e lampadine che appese da fili invisibili dondolavano sulle teste dei commensali, la piazza completamente ricoperta da tavoli di legno di seconda mano ospitava una quantità di persone che sarebbe difficile da contare. Mentre ci muoviamo per i tavoli provando a schivare sedie,bambine, bestemmie e camerieri poco attenti, arriviamo al nostro a pochi da metri da un palco e da un moretto che separa la piazza con un dirupo.
Ordiamo tutte le specialità della zona senza discrezione di prezzo o quantità, stessa procedura del vino che viene portato in graziose bottiglie di plastica, guardandolo mi chiedo se non mi toccherà vomitarmi pure l'anima quella sera.
La musica inizia e noi cominciamo a mangiare, sembra tutto regolare, sembra una classica festa di paese che mi sembra di stare in Italia, tutti vestiti a festa come se ci fosse il gran gala, i vecchi su un tavolo e i giovani in que vicino, intere generazioni chiuse in qualche metro quadro. Il vino scorre, decidiamo di darci alla danza.
I passi sono semplici, uno a destra e due a sinistra, le mani lungo le spalle dei tuoi vicini, le persone aumentano in mezzo alla pista, il vino si fa sentire, mentre diventa un enorme spirale quel ballo, poi il ritmo comincia ad aumentare, piedi schiacciati, sorrisi sputati, l'alcool  mi permette di salire su qualche piede, sorriso sormione e faccio finta di niente.
Torniamo al tavolo, il cuore in gola, il vino che ci aspetta ancora sul tavolo, e ora si brinda con gente del luogo per il nostro ballo, felice mi sento, come un bambino coccolato da quello che lo circonda, quasi mi sentissi a casa.
Un'uomo dietro di me dopo aver ucciso l'ennesima birra, con fare veloce tira fuori una luccicante pistola color argento da sotto la nera camicia, i colpi spaccano la musica, mentre i proiettoli volano verso il cielo, rimango per un'attimo paralizzato, mi giro, nessuno si scompone, qualcuno applaude qualcun'altro sorride come se fosse normale. Non faccio neanche tempo a formulare la mia domanda su cazzo stesse succedendo che ecco che alla fine del tavolo, un ragazzo forse più piccolo di me tira fuori una Beretta e comincia a sparare alle stelle, il caricatore si inceppa e il pistola gli si smonta in mano, grosse risate tra i suoi amici, tra gli occhi sgranati di noi.
La risposta che abbiamo è che qui è tradizione, e che alla fine tutti hanno una pistola, perchè li è una cosa normale, quasi avessero paura che Turchi tornassero a rompergli le palle.
Ora mi sento spaesato, come quando pensi di esser arrivato da una parte e in verità hai sbagliato completamente strada, qualche incamiciato mi guarda, capisce che non sono di qui e mi chiede se voglio giocare con il suo giocatello, declino l'offerta, vorrei evitare di far scoppiare una guerra civile in quella graziosa festa.
Intanto la musica continua e la gente si alterna a ballare, nessuno è turbato dai colpi di pistola, nessuno è spaventato, mentre tutti alla mano hanno un rosario per giocarci e nell'altra il vino rosso da due centesimi.
Qui in un paesino nella sperduta Creta finalmente mi sento veramente a casa: La bibbia in una mano e la pistola nell'altra. Italia, casa dolce casa.