giovedì 22 dicembre 2011

Capitolo 1


[istruzioni per l'uso:  leggere il testo ascoltando questa canzone "L'erba di Grace"]

Capitolo 1

I secondi passavano lenti e inesorabili, le lancette ballavano il loro valzer monotono, una fioca luce gialla illuminava quello squallido bagno che sapeva di piscio e graffiti venuti male. Uno specchio, rifletteva quello squallido cesso di autogrill, uno specchio rotto rifletteva a metà il volto di quella ragazza. Il biondo di lei era sepolto dallo sgradevole odore, e quel mezzo sorriso su labbra color roseo si intonava perfettamente con gli insulti scritti sui muri con pennarelli mezzi finiti.
Si girò, una sigaretta pendeva dalle labbra, inspiro, i polmoni sorrisero,butti fuori e tutto divenne fumo.
Come un felino usci dal cesso e si incammino verso la macchina, lunghi tacchi rendevano le sue gambe lunghe autostrade di piacere, un corpino stretto esaltava le sue forme,le ossa sporgenti tagliavano i contorni di quella dea.
Una cadilacc eldorado, color pece, rifletteva il grigiore di quella notte, come una pantera aspettava la sua preda silente, i cerchioni e le portiere argentate rendevano il tutto più agressivo, quando la donna si avvicinò, parve quasi che i due fossero la stessa cosa.
Il mozzicone vola,la portiera si apre,il motore romba, quel sorriso che rimane stampato, gli occchi fermi ad anni luci da qui, le mani stringono il nero volante quasi a stritorarlo, le gomme stridono sull'asfalto, il felino si muove, la notte si squarcia, l'autostrada si srotola davanti ai suoi occhi, una bestemmia stampata su quel volto affamato di uomini.
Giunse al luogo prestabilito, un rapido sguardo ad un foglietto di carta, la via corrispondeva.
Un insegna luminosa dava luce a quello squallido vicolo, “EXIT”, il colore bianco del neon illuminava il nero asfalto coperto da lattine e cartaccie, il vicolo era stretto a stento ci passava la cadillac, una porta color metallo si stagliava sotto quell'insegna, per il resto erano solo muri a scomparir nel buio.
La mano di lei scivola sul croscotto velocemente lo aprì, un coltello lungo almeno 10 cm rifletteva la triste luce di quel vicolo,  con fare abituario lo mise all'interno dello stivale destro, un sorriso sordo rimaneva stampato sulle labbra, gli occhi fissi sulla porta.
Aspettava qualcuno, aspettava vendetta.
Il motore mori di colpo, i fari si spensere, il buio calò e il sipario si aprì. Mentre si dirigeva verso la porta presa da per terra una bottiglia di birra mezza piena, poi lentamente si accovaccio vicino alla porta, si bagno con la birra sul collo,la testa si appoggio tra le gambe, gli occhi si chiusero.
Ora si andava in scena.
La porta si aprì violentemente, un uomo sulla trentina usci con fare deciso, un abito scuro rendeva ancora più importante il suo passo, gli occhi mezzi spenti dall'alcool, una barba tagliata male delineava un espressione malata.
Velocemente lo sguardo di quello cade sulla donna, per qualche attimo rimane a fissarla, lentamente la lingua bagna le labbra, il battito sale, il cuore comincia a pulsare sangue, l'adrenalina fa il suo dovere mentre la mano serra un coltello a serramanico puntandola dritto alla testa della donna.
La voce esce roca, puzzava di alcool e di un deodorante di secondo mano. “Tu, Puttana!!! Alzati e muoveti se non vuoi che ti faccia lo scalpo...”si avvicina ancora un po, urlando ancora “Muoviti Puttana”.
La donna lentamente alzò lo sguardo, fintamente sbronzo, fintamente impaurito, era entrata nella parte ora era solamente una ragazza impaurita che aveva bevuto un po troppo, ora era innucua come un bambino.
La voce tremava come foglie al vento “Ti prego non farmi del male...ti prego,ti prego,ti prego” Si alzò in piedi, le mani verso l'alto a chieder perdono, gli occhi lucidi che fissavano terra.
Il puntale che sfiora la gola, la voce che si fa più dura “ Muovi quel culo, puttana!!” un gesto veloce del pugnale ad indicar il buio del vicolo, lo sguardo che sa di follia e dolore, l'odore dell'acool ricopriva le due figure,mentre un leggero venticello faceva da sfondo a quel quadro macabro.
La donna non disse niente, lentamente si incammino nell'oscurità,le braccia sempre alzate verso il cielo, i biondi capelli si nascondevano nell'oscurità, mentre le sinuose forme di lei si insuinavano perfettamente in quel buio ostile.
Quando i due si inoltrarono nel buio, l'ingranaggio scattò, la maschera di finzione si ruppe in mille pezzi, veloce e decisa la donna si voltò, come un felino pronto a colpire la sua preda, la mano sinistra che prende la destra dell'uomo a torcergli il polso, un ulro soffocato dal dolore, una lama che cadendo svanisce nell'oscurità.
Silenzio, la notte se la ride alzando una lieve brezza.
L'uomo messo a terra dalla ferrea presa di quella, gli occhi di lui sbarrati, la bocca mezza aperta per lo stupore,il predatore nel giro di mezzo secondo era diventato la preda, e ora il buio si fa più pesante e ora è la paura a gravargli sulle spalle.
Lei, ora la regina della notte, veloce alza la gamba destra, il tacco che punta verso l'alto, un scintillio nell'oscurità. La gamba fende la notte, un urlo afono di lui squarcia il silenzio, il tacco si conficca nell'occhio, il sangue bagna la notte, la luna sorride  beffarda, lei sorride.
Ancora cosciente, quel vecchio pieno di vodka nelle vene, prova a balbettare qualcosa mentre sangue e saliva escono dalla sua bocca, lei replica, fredda “Il tacco ancora non ha intaccato il tuo schifoso cervello, aspetterò 5 secondi prima di mandarti al creatore....schifoso stupratore”
Lui piange, era da tanto che non piangeva, ora piangeva sangue, voleva vivere, voleva maledettamente vivere, ancora prova a parlare per chiedere perdono, ma non esce niente apparte un rantolo che sa di alcool.
“1...2...3...4...5...”
Un rumore sordo,la gamba che avanza e poi gira,gli occhi di lui si spengono mentre il corpo ricade all'indietro, il volto deformato dal dolore che perfettamente si abbina a quello squallido vialetto.
Lei si accarezza appena i capelli, come un angelo lento si muove verso la macchina lasciando dietro di se un'altra vittima, un'altra vendetta. Una malboro viene accessa, la brace illumina un sordo sorriso su quelle labbra scarlatte, in tre tiri la sigaretta finisce, la cera si accumula e poi cade quasi a segnar dove quella è passata. Il mozzicone vola, mentre la portiera si apre, il rombo del motore squarcia la notte, la macchina sfreccia all'indietro, in un'attimo tutto scompare, in un'attimo non c'è ne preda ne predatore, ma solo un uomo con le vene piene di vodka e un'occhio cavato.
La notte silenziosa muore.
Un vecchio, alto e massiccio, con un lungo impermeabile addosso, rimane a guardare sotto la pioggia quello spettacolo macabro, un agente veloce si avvicina alle sue spalle “ Signore, abbiamo raccolte tutte le prove che abbiamo trovato, possiamo tornare in centrale, il corpo verrà spostato presto...”. Il vecchio si gira, la barba folta e una pipa tra le labbra, bofonchia appena “ Andiamocene , ho preso fin troppa pioggia quest'oggi”. Silenzio mentre si allontana, per poi pronunciare prima di sparire dalla vista degli agenti ancora li presenti “ E' inutile fare domande ad un morto, figuriamoci quando gia sai la risposta..”